Assedio di Kolberg, anno 1807

Kolberg (oggi Kolobrzeg, in Polonia) era una piccola cittadella sul Mar Baltico appartenente, ai primi del XIX secolo, alla provincia prussiana orientale della Pomerania.  La costruzione della fortezza risaliva al XVII secolo.

La fortezza principale, in prossimità della foce del fiume Persante, era costituita da una cinta con sei bastioni.  Il terreno circostante la fortezza era acquitrinoso, malsano, di ostacolo per le attività belliche degli assedianti. La fortezza era di piccole dimensioni.

La cittadella di Kolberg era l’unica fortezza sulle rive del baltico rimasta ai prussiani dopo che la cittadella di Stettino si era arresa senza combattere alle truppe francesi. Il 14 marzo 1807, data di inizio dell’assedio, il territorio circostante la cittadella era completamente in possesso delle truppe francesi comandate dal generale di divisione Pietro Teulié, il quale tuttavia il 25 marzo venne sostituito nel comando dal generale Louis Henri Loison.  Anche la popolazione civile di Kolberg partecipò attivamente alla difesa, guidata da Joachim Nettelbeck.  Alla fine di aprile, il comandante prussiano Loucadou venne sostituito dal maggiore August Neidhardt von Gneisenau.  Gli assediati ricevevano rifornimenti via mare.  Alla fine dell’assedio Gneisenau aveva a disposizione circa 4.000 soldati.

Si stima che, da parte francese, abbiano preso parte all’assedio circa 22.000 uomini di cui 9.200 francesi, 6.800 italiano, 3.200 tedeschi, oltre 2.000 olandesi e 1.200 polacchi.  Le perdite fra gli assedianti furono elevatissime:  le stime variano da 8.000 a 10.000 uomini, circa il 40%.  L’assedio dei francesi non ebbe successo e cessò solo dopo la firma da parte della Prussia del trattato di Tilsit il 9 luglio 1807.

L’assedio di Kolberg divenne per la nazione tedesca, il simbolo della restienza vittoriosa contro Napoleone.  A differenza delle altre sedi, a Kolberg vi è stata un’alta partecipazione della popolazione civile.

Il diorama rappresenta una postazione di assedio di soldati italiani che stanno armando un mortaio.

 

FABRIZIO PICOTTI